Recensione a A. G. Gargani, Wittgenstein. Musica, parola, gesto, Cortina, Milano 2008

« Noi siamo il nostro linguaggio ». Tratta dal libro che ci accingiamo a recensire, quest’affermazione, che ha dalla sua la densità semantica ed espressiva dell’aforisma, può esser considerata come punto di partenza e convergenza della riflessioni garganiane, non soltanto per quanto concerne il volume qui in oggetto, ma anche in relazione all’intero percorso del pensatore italiano, perlomeno a partire dall’opera che in un certo senso lo inaugura, Il sapere senza fondamenti (1975). Un percorso che anche una semplice presentazione come questa deve tener presente, nel tentativo di far emergere, con tutti i limiti del caso e del recensore, le specifiche connotazioni assunte dal pensiero di Gargani, riscontrabili anche in un testo, prima facie, di letteratura secondaria, dedicato com’è alla lettura della filosofia di Wittgenstein, continua fonte di spunti per il pensatore italiano. Buona parte della sua produzione è infatti dedicata all’autore del Tractatus, dall’opera degli esordi a quelle di più recente pubblicazione (si veda in particolare l’interessantissimo Wittgenstein. Dalla verità al senso della verità, risalente al 2003). Stante questo, sarebbe però perlomeno riduttivo collocare Gargani semplicemente nel – sempre crescente – novero degli studiosi di Wittgenstein, se non altro perché la filosofia di questi non è soltanto oggetto di studio, ma termine di riferimento essenziale nel pensiero del filosofo italiano, tanto che il suo profilo rassomiglia di più a quello, sit venia verbo, dell’allievo e dell’epigono piuttosto che a quello dell’interprete e dello studioso. E sarà nostro compito quello di tener presente e far emergere la specificità del ruolo ricoperto dalla filosofia di Wittgenstein nella riflessione garganiana, a partire e attraverso la presentazione del volume in oggetto.