Il Dante di Giorgio Stabile tra Bruno Nardi e Alexandre Koyré

Il saggio affronta la questione del rapporto tra poesia e dottrina nella Commedia, rispetto a cui la critica dantesca del secondo Novecento è rimasta impigliata, salvo rare eccezioni, in un singolare paradosso. Se da un lato ha difeso, contro Croce, il carattere unitario del poema, professando l’opportunità di non scindere nell’atto esegetico la valutazione estetica dell’opera dall’analisi dei concetti (filosofici, religiosi, morali ecc.) che vi sono implicati, dall’altro ha mostrato, nel passaggio dai principi ai fatti, ben poca propensione allo studio del pensiero filosofico dantesco. Fanno eccezione, in questo quadro, le esperienze storiografiche che a vario titolo e da varie prospettive si sono richiamate e si richiamano ancora oggi, nell’ispirazione di fondo, all’insegnamento di Bruno Nardi, che per oltre un cinquantennio – dal 1911, anno della tesi di laurea discussa a Lovanio su Sigieri di Brabante e le fonti della filosofia di Dante, fin quasi alla morte, avvenuta nel 1968 – svolse sul pensiero dell’Alighieri ricerche di fondamentale importanza, coniugando rigore filologico, erudizione, tensione speculativa. In rapporto di continuità con la lezione di Bruno Nardi – e dunque di sostanziale eterodossia rispetto alla tendenza generale delineata sopra – si pone ora il volume Dante e la filosofia della natura. Percezioni, linguaggi, cosmologie, titolo sotto il quale Giorgio Stabile ha raccolto una scelta di saggi dedicati, in un quarantennio di studi, a far emergere contro visioni più parziali l’intreccio, in Dante, di poesia, religione e scienza.