Recensione a 2 / V. Cuoco, Platone in Italia, a cura di A. De Francesco e A. Andreoni, Laterza, Roma 2006

La ripubblicazione, a duecento anni esatti dalla sua prima apparizione, del Platone in Italia di Vincenzo Cuoco, grazie alle attente cure storico-filologiche di Antonino De Francesco e Annalisa Andreoni, nel quadro di una complessiva riproposizione al pubblico degli Scritti editi e inediti del pensatore molisano, è meritoria per più di un motivo. In primo luogo perché l’ultima edizione del romanzo epistolare, curata da Giuseppe Saitta, risale al lontanissimo 1932-33, (edizione che si basava su quella laterziana a cura di Fausto Nicolini, uscita tra il 1916 e il 1924); in secondo luogo perché le due ampie introduzioni che aprono il volume, redatte dai curatori, restituiscono in modo chiaro e convincente la concreta situazione storica, più esattamente storico-politica e storico-letteraria, nella quale sorse l’opera di Cuoco, così ricca di riferimenti e allusioni a fatti e persone che già non molti anni dopo l’uscita del Platone sarebbero risultati di difficile intelligibilità al lettore. Dalle introduzioni emerge, da un lato, la necessità di leggere il Platone in Italia congiuntamente al più celebre Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli, che proprio nel medesimo 1806 conosceva la seconda edizione (la prima era del 1801), emendata in senso ancor più moderato; dall’altro, di coglierne l’impatto sulla cultura italiana dell’epoca napoleonica, ma che in questa non si esaurì, sia in quanto la sua fortuna continuò in tutta l’età risorgimentale, sia perché fu tradotto ben presto al di fuori dell’Italia, in Francia nel 1807 e nel 1808 in Germania. Ma il merito di questa riedizione del romanzo cuochiano è ancora un altro, e ai nostri occhi decisivo: quello di riproporre il tema delle origini del moderatismo nella cultura filosofica e politica risorgimentale, e più in generale dell’egemonia moderata nella cultura italiana.