- 01/04/2006
- Daniel Catte
- II (2006)
- Recensione
La varia e variamente articolata vicenda della filosofia italiana del secondo dopoguerra è stata fatta oggetto, al di là dei moltissimi contributi monografici su molti dei movimenti, delle figure e delle tradizioni che ne hanno via via intessuto la trama storica e teorica e delineato l’orizzonte problematico, di alcune significative sintesi ricostruttive i cui autori, animati dall’intento di informare, anche se non con esaustiva compiutezza, sul polifonico svolgimento del filosofare in ambito italiano, si sono cimentati in organici tentativi di inquadramento e di interpretazione di segmenti, cronologicamente più o meno ampi, del nostro Novecento filosofico. Tutti tentativi, che, pur nelle inevitabilmente diverse sensibilità e scelte interpretative che li sorreggono, e scontate le diversità di competenza e di forza di analisi concettuale tra i loro rispettivi autori, si sono comunque rivolti alla restituzione di un quadro storiografico il più possibile capace di comunicare la ricchezza, a volte caotica, di voci filosofiche, o anche semplicemente la molteplicità di istanze spesso soltanto genericamente “culturali” e “ideologiche”, non di rado conflittualmente “divise”, che hanno caratterizzato ethos e idee dell’Italia repubblicana (per riprendere il titolo del bel libro di Remo Bodei, Il noi diviso. Ethos e idee dell’Italia repubblicana, Einaudi, Torino 1998).